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Cari giornali, è ora di darci un taglio

di Michael Kinsley

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26 gennaio 2010

Una delle ragioni per cui chi è alla ricerca di notizie sta abbandonando la carta stampata in favore di internet non ha nulla a che vedere con la tecnologia. Il fatto è che gli articoli di giornale sono troppo lunghi. Sulla Rete, i pezzi vanno dritti al punto. Per converso, lo stile dei giornali è incrostato di convenzioni che non facilitano il lettore nella comprensione delle notizie. Ma non bisogna incolpare i giornalisti: queste convenzioni fanno parte della tradizione, sono perfino obbligatorie.

Prendiamo, ad esempio, l'articolo di fondo del New York Times dell'8 novembre, intitolato «La rivoluzionaria riforma della sanità passa l'esame della Camera». Il pezzo, in tutto 1.456 parole, comincia così: «Sabato notte, la Camera ha approvato per un soffio una rivoluzionaria riforma del sistema sanitario nazionale, consegnando al presidente Obama una vittoria sofferta e promovendo una legge che i democratici ritengono possa diventare il successo dirimente della loro politica sociale».

In questa frase iniziale, meno della metà delle parole è dedicata a spiegare quello che è successo. Se qualcuno, vedendovi leggere l'articolo, vi avesse domandato: «Allora, che è successo?», difficilmente avreste iniziato dicendo che il presidente Obama ha ottenuto una vittoria sofferta, avreste piuttosto detto: «Ieri notte, la Camera ha approvato la riforma sanitaria»; aggiungendo forse: «Per pochi voti»; e magari: «C'è stato uno scontro forte sull'aborto». Ma difficilmente vi esprimereste così: «Una rivoluzionaria riforma del sistema sanitario nazionale», come se il vostro amico non sapesse che era in discussione una riforma del sistema sanitario.

Una volta, tutta questa roba inutile era considerata un passo in avanti, rispetto al giornalismo asettico e oggettivo: non limitarsi a raccontare la storia, ma dire al lettore qual è il senso della storia. Ma fornire il "contesto", come si diceva un tempo, è diventato un invito alla montatura giornalistica.

C'è di peggio. Ecco l'editoriale del Washington Post, sempre sulla riforma sanitaria: «Sabato notte, qualche ora dopo l'appello del presidente Obama ai deputati democratici a "rispondere alla chiamata della storia", la Camera ha centrato un traguardo storico sulla strada della riforma sanitaria, approvando un pacchetto da mille miliardi di dollari che mira a riorganizzare da cima a fondo i metodi usati dalle assicurazioni private e a garantire una copertura sanitaria completa e alla portata di tutte le tasche alla quasi totalità dei cittadini americani».

Al Washington Post va riconosciuto quantomeno il merito di aver cercato di dire che cosa prevede il disegno di legge, ma stendiamo un velo pietoso sulla pasticciata metafora del traguardo storico (non si "centra" un traguardo storico se già si pensa al passo successivo) e sulle prime 18 parole del pezzo occupate dalla trita retorica di Obama. L'articolo del New York Times, invece, attende fino al terzo capoverso per citare il deputato George Miller, che ha detto: «Ora abbiamo l'occasione di rivoluzionare il sistema sanitario di questo paese». L'affermazione non fa una piega: quale momento migliore, infatti, per rivoluzionare il sistema sanitario di quello in cui la riforma che lo rivoluziona è appena stata approvata? Ma questa è la notizia? Per caso qualcuno ha detto a qualcun altro: «Aspetta di sentire quello che ha detto George Miller»? La citazione è di 11 parole, mentre per dire chi è Miller l'articolo ne impiega 16.

L'industria del software ha un concetto noto come "legacy code", cioè quei codici di programmazione vecchi che vengono lasciati nei software anche dopo che sono stati revisionati e aggiornati, per metterli nelle condizioni di funzionare anche con sistemi operativi più vecchi. Esiste un corrispettivo negli articoli di giornale, che vengono scritti pensando a un lettore che è appena uscito dal coma o da una miniera di carbone. Che bisogno ho di sapere che «la riforma sanitaria» (3 parole) comporta «una revisione a 360° del sistema sanitario nazionale» (9 parole)? Che bisogno ho che mi venga ricordato che Hillary Clinton provò a introdurla senza successo quando alla Casa Bianca c'era suo marito Bill? Se qualcuno non sa già queste cose, probabilmente non gli interessano nemmeno. (Anzi, probabilmente non legge nemmeno l'articolo.)

Poi c'è lo stile della "piramide rovesciata" (un'immagine che non ho mai capito bene), che sarebbe il principio di mettere le informazioni più importanti all'inizio dell'articolo e lasciare i dettagli per dopo. Lo stile a piramide di questi tempi è considerato un po' datato, ed ecco perché tutto quel florilegio di frasi subordinate all'inizio degli articoli del New York Times e del Washington Post sulla riforma sanitaria. La rivolta contro lo stile a piramide è anche la ragione di tutti quegli indizi narrativi fintamente misteriosi, della serie «non indovinerete mai di che stiamo parlando» su Martha Lewis, una 57enne infermiera in pensione che un giorno del mese scorso se ne stava seduta in salotto a guardare Oprah Winfrey quando il fattorino della FedEx ha suonato alla porta con una busta dall'aspetto innocuo... e così via. Ma seguire pedissequamente il classico stile a piramide rovesciata può portare a ripetere la storia in continuazione, ogni volta con uno o due pezzetti d'informazione in più.

  CONTINUA ...»

26 gennaio 2010
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